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29 gennaio 2019

Recensione: Dieci giorni in manicomio, Nellie Bly

Titolo: Dieci giorni in manicomio
Autore: Nellie Bly
Editore: EC edizioni clandestine
Collana: Highlander
Anno edizione: 2017
Prezzo: €7,50
Formato: Brossura
Lunghezza: 114 pagine
Trama: Nel 1887, la reporter Nellie Bly, fingendosi una rifugiata afflitta da paranoia, si fece rinchiudere nel manicomio dell'isola Blackwell, allo scopo di scoprire le condizioni di vita delle donne ricoverate. "Battevo i denti e tremavo, il corpo livido per il freddo che attanagliava le mie membra. All'improvviso, tre secchi di acqua gelida mi furono versati sulla testa, tanto che ne ebbi gli occhi, la bocca e le narici invase. Quando, scossa da tremiti incontrollabili, pensavo che sarei affogata, mi trascinarono fuori dalla vasca. Fu in quel momento che mi sentii realmente prossima alla follia". Nel suo reportage, Nellie Bly racconta i soprusi e le violenze che le pazienti subivano per opera di crudeli infermiere e medici poco capaci.


RECENSIONE
Dieci giorni in manicomio è il racconto di un'esperienza reale vissuta da una giornalista, Elizabeth Jane Cochran (Nellie Bly), che all'età di 23 anni si finse malata di mente per entrare nel manicomio femminile dell'Isola di Blackwell – oggi isola di Roosevelt – nell'East River di New York e documentare ciò che accadeva al suo interno.

Il manicomio di Blackwell non aveva una buona reputazione, giravano voci riguardanti torture a cui le pazienti erano sottoposte ma mai nessuno si era preoccupato di andare a verificare se fossero reali. Così, il direttore del quotidiano New York World chiese a Elizabeth di infiltrarsi e documentare ciò che accadeva all'interno della struttura. Si sarebbe finta Nellie Brown, una donna affetta da amnesia e successivamente avrebbe firmato l'articolo come Nellie Bly.

Leggendo questo racconto si riesce quasi a toccare con mano la follia... Più che una follia dal punto di vista clinico, ciò che risulta folle è il trattamento a cui le pazienti vengono sottoposte dal personale della struttura.

Una delle cose che più mi ha turbato in tutto questo è stato il modo totalmente superficiale dei dottori dell'epoca di diagnosticare un qualche tipo di follia. Appare assurdo il modo in cui i medici visitavano le pazienti e la facilità con cui definivano incapace di intendere e di volere qualsiasi donna si trovassero davanti anche se questa era assolutamente sana di mente. Durante i colloqui tra il medico e la donna, la figura femminile appariva priva di importanza, non veniva nemmeno sfiorata dallo sguardo del medico. Piuttosto, veniva preso in considerazione lo stato sociale della donna in questione, la sua fedeltà nei confronti di un uomo e in base a dati non attinenti alla sfera alla sanità mentale finivano per internare anche donne perfettamente in grado di intendere e volere.

Durante la permanenza all'interno di questa struttura, Nellie poté vivere sulla sua pelle tutto ciò che vivevano e avrebbero vissuto le altre pazienti per il resto della loro vita. Alle donne non venivano dati vestiti puliti se non una sola volta al mese, potevano lavarsi una volta a settimana e la violenza giocava un ruolo fondamentale anche in questo: una alla volta venivano immerse nella stessa acqua sporca e successivamente per asciugarsi dovevano utilizzare lo stesso asciugamano.
Erano costrette a spogliarsi nei corridoi, venivano strattonate, picchiate e derise continuamente. Per quanto riguarda il cibo, invece, la situazione era anche peggiore: cibo rancido e andato a male. 

Nellie conobbe alcune delle donne rinchiuse con lei in quel breve periodo e si rese conto che alcune di loro erano perfettamente sane di mente, arrivate in quel luogo degli orrori a causa della loro emarginazione. Raccontò, inoltre, che il trattamento riservato alle donne in quella struttura avrebbe reso folle chiunque. 

Il racconto apre una finestra sul mondo dei manicomi negli ultimi anni del 1800 ponendo l'attenzione sulle persone più deboli e svantaggiate e sulle loro condizioni.
La scrittura è scorrevole anche se la narrazione appare un po' frettolosa... Ma, come puntualizza l'autrice nelle prime pagine, questo non era un progetto nato per un libro, lo è diventato solo successivamente quando decise di mettere insieme tutte le informazioni raccolte. Quindi, in sostanza, è un particolare su cui possiamo evitare di soffermarci.

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